Cartesio


Non c'è nulla interamente in nostro potere,se non i nostri pensieri.
Cartesio

giovedì 9 ottobre 2014

L’importanza di chiamarsi Nicola


Dimmi come ti chiami e ti dirò chi sei. Perché il nome, checchè se ne dica, ha una sua fascinazione, soprattutto dalle nostre parti, tanto da segnarne il destino. Fino a qualche anno fa l’anagrafe imperversava di Kevin, Igor, Désirée (con l’accento grave, mi raccomando, altrimenti il suono non può slargarsi, per capirci cercate di pronunciare carameella), Jessica, Samuel, Michael, Sarah, Samantha e altri di quei nomi, che Iddio ce ne scampi, tanto che i poveri Salvatore, Vito, Maria, Caterina, Ignazio venivano derisi come se fossero dei paria pagando innocentemente la colpa della tribale tradizione di quei loro genitori appaesanati e non globalizzati.
Da un lustro a questa parte, tra gli umani figli dell’Inclita Urbs sembra che le cose stiano cambiando, con grande gioia degli impiegati dell’anagrafe, anche se allittrati per la verità, i quali non sono più costretti a contorsioni e capitomboli su come posizionare la mutolina alla fine o tra una consonante e una vocale di uno di quei nomi di alieni.
Oggi va di moda Nicola, e il nome evoca l’antico, la storia, la bellezza, la solennità, il calore, la fede, la gioia della festa, la tradizione, la magnificenza. Non per niente la sua radice etimologica ha il significato di vittoria.
Il nome si diffonde, ahimè, anche tra i non umani. A uno di questi Nicola si spalancano i monumentali Palazzi e vengono messi nella sua disponibilità loggiati, eleganti chiostri, e per prenderne possesso non si fa pregare nel farsi adottare dalla comunità, che lo coccola, lo protegge, lo accudisce,lo nutre,lo vizia. Si sente proprio a suo agio Nicola nell’elegante colonnato del Collegio dei Gesuiti, è la star di turno; si lascia fotografare con quella sua aria di sufficienza, con quello sguardo ingenuo addolcito dagli occhi languidi. Da quando è diventato cittadino istituzionalizzato, anzi mascotte ufficiale, anche la sua condizione sociale si è evoluta, non geneticamente né zoologicamente, perché sempre meticcio rimane (guai a chiamarlo bastardo, altrimenti chi li sente gli animalisti), tanto che oggi la sua vita da cani è una condizione di privilegio, invidiata non solo dai suoi simili che non hanno avuto la fortuna di chiamarsi Nicola, ma addirittura sognata da chi appartiene ad un ordine tassonomico superiore, dai Samir, dagli Abdul, dagli anonimi umanoidi clochard che girovagano nelle periferie, rovistano tra i cassonetti dell’immondizia, dormono sugli scalini delle chiese tra l’indifferenza generale, vagano con le loro scassate e arrugginite biciclette da una strada ad un’ altra, senza una meta, senza un domani, senza una attesa. Per Samir niente cittadinanze onorarie, niente diritti, niente foto, niente articoli sui giornali, niente applausi dagli umani né dagli animalisti (questi ultimi perché dovrebbero?). Samir (è un nome immaginario) non invidia Nicola, anzi, si preoccupa di prendersi cura anche di una piccola randagia appartenente alla stessa specie ma meno fortunata del nostro furbo eroe quadrupede carnivoro. Samir la porta sempre con se, sulla sua bicicletta, va a rovistare nei cassonetti anche per lei e forse si confida con lei. A Samir forse piacerebbe essere adottato da quella bizzarra e strabica comunità che impazzisce per Nicola e magari cambiare nome. In cuor suo Nicola gli andrebbe bene, ma lo farebbe solo per la sua cagnetta.


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